domenica 23 dicembre 2012

Labirinti

Tutte le volte che vado a trovare il mio amico Tuono lo ammorbo con un'idea a cui giro intorno da tempo: un saggio a fumetti sul tema del labirinto. In realtà è soprattutto una scusa per parlare di alcune mie ossessioni (David Lynch soprattutto). Questa sarebbe una tavola di prova.

giovedì 20 dicembre 2012

Gita al museo con Joker



Mi sono divertito un mondo a scrivere questo articolo per lo Spazio Bianco (a quanto pare ognuno gode come può).  Dal momento che mi sono addentrato in argomenti che conosco un po'superficialmente potrei aver detto qualche ingenuità. Mi scuso preventivamente, ma in ogni caso chi se ne mporta, che tanto qui nessuno mi paga. Guarda anche il video, dai.

venerdì 14 dicembre 2012

L'impero dei segni


"Kafka intuì che del mondo circostante ormai andava nominato il numero minimo di elementi. Un affilatissimo rasoio di Occam affondava nella materia romanzesca. Nominare il minimo e nella sua pura letteralità. Perché questo? Perché il mondo tornava ad essere una foresta primordiale, troppo carico di suoni ignoti e apparizioni. Tutto aveva troppa potenza. Perciò occorreva limitarsi a ciò che più era vicino, circoscrivere l’area del nominabile. Allora lì sarebbe defluita tutta la potenza, altrimenti diffusa. E in ciò che si nomina — una taverna, una pratica, un ufficio, una stanza — si sarebbe addensata un’energia inaudita".

 da "K" di Roberto Calasso, ed. Adelphi


sabato 8 dicembre 2012

giovedì 6 dicembre 2012

sabato 1 dicembre 2012

martedì 27 novembre 2012

domenica 25 novembre 2012

martedì 20 novembre 2012

domenica 18 novembre 2012

martedì 30 ottobre 2012

Misurare l'abisso



La prima volta che lo vedi sembra solo un brutto film. Bassa risoluzione, inquadrature fisse, nessun sonoro. Intendiamoci, lo sai che è tutto vero, perché la storia la conosci già. Sai già che si butterà e che il paracadute non terrà. E mentre lui esita per un tempo indefinito, agitando le braccia sul bordo dell'abisso, vieni preso da una certa impazienza che può trasformarsi in stizza, per questo pessimo film in cui il ritmo è così mal gestito.

Allora? ti butti si o no?

Alla fine non si vede niente, Franz Reichelt scompare in una nuvoletta di pixel, forse un artefatto creato dalla bassa risoluzione. Oppure non è mai esistito. Ci resta solo l'impressione di un filmino strampalato, dotato di un certo humor nero, un po' lento magari. Da quel giorno di febbraio del 1912 è passata un'eternità e tutto in questo film ci appare primitivo. L'obsolescenza degli strumenti tecnologici utilizzati per registrare la realtà ha trasformato il documento in medium. Il medium scherma la realtà e la trasforma in stile, e lo stile può essere replicabile:

 

 Ma la realtà non si lascia inghiottire dallo spettacolo tanto facilmente, mantiene un nocciolo di irriducibilità, che Barthes chiama punctum, mentre Walter Benjamin inconscio ottico. Scrive Benjamin nel suo breve saggio "piccola storia della fotografia":

 la natura che parla all'apparecchio fotografico è diversa infatti da quella che parla all'occhio; diversa soprattutto perché, al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall'uomo, ne compare uno elaborato inconsciamente. Mentre è normale rendersi conto, sia pure a grandi linee, dell'andatura delle persone, non si sa invece assolutamente nulla del loro contegno nella frazione di secondo in cui "allungano il passo". La fotografia, con i suoi ausili tecnici -rallentatore, ingrandimenti- ce lo fa scoprire. Di questo inconscio ottico veniamo a sapere soltanto attraverso la fotografia, così come dell'inconscio delle pulsioni attraverso la psicanalisi.


Solo se ingrandiamo l'immagine il reale irrompe per un attimo e squarcia questo velo di finzione: il povero sarto, terrorizzato, si è reso conto che il suo paracadute non terrà ed egli morirà, ma l'apparato spettacolare, che lui stesso ha messo in moto, ha già trasformato l'uomo in un attore che deve recitare la sua parte fino alla fine. A un certo punto, dopo un'attesa che solo ora è divenuta straziante, le sue gambe cedono ed egli si lascia cadere nel vuoto, ben conscio di condannarsi a morte. in un finale degno di un film surrealista vediamo degli uomini affaccendarsi con quello che sembra essere un righello, inginocchiati per terra a misurare non si sa bene cosa, ma i loro miseri strumenti non possono dominare l'orrore del reale, che infatti si è già ritirato, per lasciare posto alle apparenze; queste ultime più docili e ben disposte nei confronti della redingote matematica (così la chiamava Bataille) con cui cerchiamo di rivestire la realtà.

domenica 28 ottobre 2012

giovedì 18 ottobre 2012

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qui sopra la copertina della nuova antologia di delebile e qui il tumblr della rivista. Ci sono anche io con una mia storia breve. Qui sotto un'anteprima.




domenica 14 ottobre 2012

Opera aperta



Mi è arrivato ieri. Che meraviglia, non la finivo più di tirare fuori roba dalla scatola. Poi all'improvviso mi sono tornati in mente Marcel Duchamp e le sue scatole: à l'infinitif...


o la più celebre boite-en-valise, sorta di museo personale portatile...


ma soprattutto la scatola verde (1934), un vero e proprio manuale che spiega il funzionamento del Grande Vetro (opera capitale dell'artista francese) con pagine di appunti e schemi riprodotti in fac-simile in frammenti non consequenziali.



E per frammenti non consequenziali sembra essere pensato anche questo oggetto-libro di Chris Ware.
Duchamp ha indubbiamente avuto un forte impatto su tutta l'arte del XX secolo, ma soprattutto (ed è anche questo che me lo fa accostare a Chris Ware) è stato uno dei primi artisti (se non addirittura il primo) a fare un uso estetico del diagramma e del manuale di istruzioni, che diventeranno dei modelli narrativi centrali nella poetica dell'autore di Chicago, e ad usarli come chiavi per sovvertire il concetto tradizionale di tempo narrativo.



Certo che tra Ware e Duchamp c'è un bel salto, magari anche un po' forzato. Eppure mi sembra che un filo rosso sarebbe anche possibile trovarlo. Nel 1962 (lo stesso anno in cui Umberto Eco pubblica il saggio sull'opera aperta) Andy Warhol inizia la serie dei dance diagrams, una critica ironica della pittura narrativa in cui il concetto di sequenza veniva messo in ridicolo (ma era anche una divertita presa in giro della generazione danzante degli action painters).


D'altra parte si era già in pieno postmodernismo e a partire dalla fine degli anni sessanta la griglia, il diagramma e l'ipertesto diventeranno i paradigmi estetici di riferimento. In particolare proprio l'ipertesto interesserà forse il più grande artista concettuale degli anni settanta, Marcel Broodthaers, in un' epoca in cui le presentazioni in power point erano ancora di là da venire.


Il 1989 è un anno cruciale: cade il Muro di Berlino, Tim Berners-Lee inventa il World Wide Web e Raw pubblica le sei pagine più incredibili della storia del fumetto moderno: Here di Richard McGuire. Appena un anno dopo , sulla stessa rivista, appariranno i primi lavori di un giovane e sconosciuto autore underground di Omaha, Nebraska: Chris Ware. 



domenica 7 ottobre 2012

venerdì 5 ottobre 2012

Panopticon



Dopo avere visto Reality, il film di Matteo Garrone, leggo queste due belle recensioni su Gli Spietati (in particolare la seconda, di Marco Grosoli) che mi fanno venire una curiosità, allora scopro con colpevole ritardo quale fu il primo concept del Grande Fratello: una prigione.




Venne progettata da Jeremy Bentham, un filosofo illuminista inglese di cui Wikipedia parla abbastanza bene (diritti delle donne, depenalizzazione della sodomia, abolizione della schiavitù, ecc). Qui sotto un esempio concreto, che dovrebbe essere familiare a chi ha letto "Sorvegliare e punire" di Foucault:



Visto che invece io purtroppo non l'ho letto, rubo invece da Wikipedia:

"L'idea alla base del Panopticon (“che fa vedere tutto”) era quella che - grazie alla forma radiocentrica dell'edificio e ad opportuni accorgimenti architettonici e tecnologici - un unico guardiano potesse osservare (optikon) tutti (pan) i prigionieri in ogni momento, i quali non devono essere in grado di stabilire se sono osservati o meno, portando alla percezione da parte dei detenuti di un'invisibile onniscienza da parte del guardiano, che li avrebbe condotti ad osservare sempre la disciplina come se fossero osservati sempre. Dopo anni di questo trattamento, secondo Bentham, il retto comportamento "imposto" sarebbe entrato nella mente dei prigionieri come unico modo di comportarsi possibile modificando così indelebilmente il loro carattere. Lo stesso filosofo descrisse il panottico come "un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima."
Secondo Foucault "L'architettura del Panopticon sarebbe la figura di un potere che non si cala più sulla società dall'alto, ma la pervade da dentro e si costruisce in una serie di relazioni di potere multiple. Sotto il profilo delle relazioni di potere, attraverso l'invisibilità del controllo, il Panopticon si ricollega anche all'Anello di Gige e al Grande Fratello orwelliano."

il film di Garrone è ambizioso ma non perfetto, lunghe carrellate da grande regista (ma Garrone non ha il controllo sullo spazio che è solo dei grandissimi), qualche passaggio un po' debole, personaggi che restano macchiette. Ma ha molto gusto (il film visivamente è molto bello), non fa un cinema pariolicentrico (e già solo questo...), non è spocchioso, vuole bene ai suoi personaggi e si respira, soprattutto nel bel finale misticheggiante, una empatia che non scade mai nel paraculismo di un Virzì (la cena fighetta con sdoganamento heideggeriano del GF in "Tutta la vita davanti" era una cosa da prendere i forconi).

Soprattutto ha un paio di buone idee, che forse non sfrutta fino in fondo, ma ci sono. Il Grande Fratello oggi non è semplicemente un format televisivo di successo, piuttosto sta diventando il nostro nuovo modello sociale, in base al quale si sta riconfigurando tutta la nostra società (i matrimoni-spettacolo con fondali di cartapesta nella scena iniziale) e il delirio paranoide del protagonista è semplicemente la dimostrazione di come la reltà sia stata inglobata all'interno della surrealtà paradossale governata da questa sorta di overlook orwelliano. Al punto che, convintosi di essere spiato, il protagonista cercherà di regolare il suo comportamento sulla base di questa convinzione, dando ragione alle teorie di Bentham.

Anche i continui paragoni con la religione hanno un senso preciso: religione e Grande Fratello sono entrambi sistemi di controllo sociale percepiti dalle masse come onnipotenti, ma il primo centralizzato e verticale ("ricordati che Dio ti vede da lassù") il secondo invece diffuso e orizzontale: oggi chiunque può essere il tuo controllore ("la dittatura del mi piace", vero Akab?).
Garrone ci prova insomma a raccontarci qualcosa di dove siamo e dove stiamo andando, e se la cava meglio del più superficiale Social Network di Fincher-Sorkin. In fondo si ritorna sempre a Videodrome:

"è la televisione la realtà, e la realtà è meno della televisione".


sabato 8 settembre 2012

sabato 25 agosto 2012


Disegni al mare.

martedì 21 agosto 2012


alcune immagini da una mia storia breve che dovrebbe uscire per i tipi di delebile, in un volume insieme a un mucchio di altra gente.


domenica 22 luglio 2012

in cortile


Questo è uno dei primi ricordi che ho della mia infanzia. abitavo in via Poerio, nella zona dell'aeroporto. Era un condominio abbastanza anonimo con un cortile scalcinato. Qualche volta scendevo e andavo a passeggiare con mia madre, tenendola per mano. Lì un giorno ricordo di aver toccato il naso di un cane. Era freddo e umido e mi fece una certa impressione. 






venerdì 6 luglio 2012

giovedì 5 luglio 2012

domenica 1 luglio 2012

Sono andato a fare un giro sui monti con mio fratello e mia nipote e ho fatto questi disegnini. Sono pochini perché a camminare mi stanco. Aveva ragione Tamburini, che per disegnare ci vogliono i muscoli.

martedì 22 maggio 2012

(il grande esperto di funghi)





Mike Buongiorno: "Bravissimo, bravo bravo bravo bravo. Bravo bravissimo, bravo Cage. Beh, il signor Cage ci ha dimostrato indubbiamente che se ne intendeva di funghi... quindi non è stato solo un personaggio che è venuto su questo palcoscenico per fare delle esibizioni strambe di musica strambissima, quindi è veramente un personaggio preparato. Lo sapevo perché mi ricordo che ci aveva detto che abitava nei boschetti nelle vicinanze di New York e che tutti i giorni andava a fare passeggiate e raccogliere funghi".

John Cage.: "Un ringraziamento a... funghi, e alla Rai e a tutti genti d'Italia".

M.B.: "A tutta la gente d'Italia. Bravo signor Cage arrivederci e buon viaggio, torna in America o resta qui?".

J.C.: "Mia musica resta".

M.B.: "Ah, lei va via e la sua musica resta qui, ma era meglio il contrario: che la sua musica andasse via e lei restasse qui".

sabato 21 aprile 2012










Ho scritto una cosa su Giacomo Nanni, per Lo Spazio Bianco. Se ti va, la puoi leggere qui.

giovedì 12 aprile 2012

lunedì 2 aprile 2012